Crisi di Governo. Martinez: «No a intese al ribasso»

Scritto il 24/08/2019
da Mimmo Muolo


Realismo senza illusioni, innanzitutto. 'Temo sia un’intesa al ribasso e di corto respiro quella che porterà a un governo M5s-Pd'. Ma senza chiudere del tutto la porta alla speranza. 'Considerate le evidenti necessità e scadenze a cui il Paese va incontro, non c’è dubbio che sia opportuno verificare le condizioni perché la legislatura non si interrompa'. E soprattutto senza rinunciare a indicare una via alta alla politica che i cattolici devono additare a tutti. Lo sguardo di Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito per l’Italia, abbraccia lo scenario di questi giorni di crisi e tenta una sintesi che vada oltre la cronaca convulsa minuto per minuto.

Come vede l’ipotesi di un eventuale governo M5s-Pd?
Ribadisco, è bene verificare le condizioni perché la legislatura non si interrompa. Del resto, se si considera la scena seguente ai risultati elettorali, avversari erano M5s e Lega ieri, come oggi lo sono M5s e Pd.

Ma non c’è il rischio di ripetere, mutatis mutandis, l’esperienza litigiosa dell’esecutivo che è appena naufragato o quell’esperienza magari ha insegnato qualcosa?
Come abbiamo visto, basta poco per rescindere un contratto. Ma la politica oggi ha un enorme bisogno di virtù, più che di virtualità. Mentre alimentare il consenso con il dissenso produce ferite nel corpo sociale e alimenta la distanza della gente dalla partecipazione alla vita politica del Paese. È triste assistere all’individualismo partitico imperante, che in nome del consenso acquisito o acquisibile tradisce ogni possibilità di dare stabilità. Dunque c’è bisogno di un’agenda da onorare ma ancor meglio di agenti capaci di onorarla.

A proposito di agende, sono diverse quelle dei due partiti per il confronto. Quali sono i punti fondamentali per il Paese? E che cosa manca?
Temo che, seppure possibile, sia un’intesa al ribasso e di corto respiro quella che potrà portare a un governo M5s-Pd. Piuttosto, se davvero fosse prevalente l’interesse del Paese e stessero a cuore le tante emergenze sociali, allora sarebbero ben altre le precedenze al Sud e al Nord, dove la stagnazione economica non produce solo evasori fiscali o capitali investiti all’estero, ma un degrado morale senza precedenti, che sta permettendo alle mafie nostrane e straniere di allignare sempre di più e di determinare pericolosi assetti politici. L’Italia è un Paese impoverito, impaurito e isolato nella scena internazionale; un Paese che assiste impotente a un’epocale emorragia giovanile e al contempo non ha ancora avviato una vera discontinuità generazionale, che determini 'innovazione', 'investimenti' nei settori strategici, 'imprenditorialità' sulle nuove frontiere che producono ricchezze sostenibili. Tre 'i', che possono dare un nuovo volto a un Paese che invecchia spiritualmente e culturalmente prima che anagraficamente.

Quale ruolo per i cattolici in questo delicato momento?
Nel giugno scorso, a Caltagirone, abbiamo riletto a più voci l’Appello ai Liberi e Forti. Si avverte, forte, il bisogno di stare insieme, di tornare a pensare politicamente in termini popolari e non elitari, di ritessere le maglie di una fiducia che è stata tradita nel rapporto tra 'chiesa e politica', pur nella necessaria distinzione delle due 'comunità'. Oggi il panorama è diverso. Impossibile essere tutti uniti sotto un’unica bandiera e soprattutto manca una base sociale coesa, prepolitica e comunitaria, che possa generare un consenso stabile e adeguato che si riconosca intorno alla definizione di 'cattolico'. Quindi non c’è solo il rischio dell’irrilevanza: siamo già all’evanescenza se non si preparano tempi nuovi. Così in modo distorto e strumentale al consenso, guadagna potere chi usa un linguaggio religioso o propone modelli ispirati allo spiritualismo.

E dunque?
Dunque occorre avere il coraggio di una proposta non ideologica, né retorica, ma aperta e inclusiva, che parta e arrivi alla vita delle persone e delle nostre comunità. Occorre testimoniare un modo responsabile di stare 'uniti e insieme' di fronte alle grandi questioni sociali e politiche, a partire dalla difesa della famiglia e della dignità della vita umana in tutte le sue stagioni e realizzazioni. Occorre una franca denuncia delle spinte populiste in forza delle quali non è lecito parlare di popolo senza istituzioni, rappresentanze democratiche e protagonismo dei corpi intermedi. Occorrono statisti più che statistiche e maneggiare più pane da spezzare che pietre da scagliare.

Fonte Avvenire